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Donatella Ghidini

La ceramica graffita mantovana

Le origini

Originaria del vicino Oriente e diffusa nel bacino del Mediterraneo soprattutto dal X secolo d.c., è arrivata in Italia attraverso le vie commerciali controllate prima dai mercanti bizantini, poi da quelli veneziani.

Nell’area padano-veneta, ha trovato la sede ideale di sviluppo in centri come Ferrara, Cremona, Mantova, Parma Bologna, Verona, Padova e Treviso, dove la ricca committenza dei signori locali garantiva lavoro agli artigiani e, di conseguenza, grande specializzazione e perfezionamento di un’arte che nel resto del Paese era stata rapidamente soppiantata dalla maiolica. Il periodo di crescita, apice e declino di questa ceramica coincide con i secoli XIV-XVII, quando è definitivamente scomparsa a causa della mancanza di richiesta da parte di una committenza sempre più impoverita dalle guerre intestine e, in seguito al sopraggiungere dell’impero austriaco, a causa di un deciso cambiamento del gusto delle famiglie aristocratiche, attratte sempre più dalle porcellane bavaresi. Dopo un lungo periodo di totale assenza anche dagli studi degli specialisti, nella seconda metà del XX secolo è stata finalmente riconosciuta come ceramica con caratteristiche proprie e non come sottoprodotto della più diffusa maiolica. Inoltre, gli studi più recenti sono stati accompagnati dal tentativo, peraltro riuscito, di farla rivivere materialmente, e Mantova in tal senso può considerarsi un vero e proprio punto di irradiazione della graffita.

Le fasi di lavorazione

La caratteristica principale della graffita sta nella lavorazione “a crudo” dell’argilla, fase quasi inesistente in altri tipi di ceramica. Dopo aver steso uno strato di ingobbio (un tipo di argilla bianca, disciolto in acqua) si disegna e quindi si procede all’incisione mediante punte e stecche di metallo: con questa operazione si leva parte dell’ingobbio dalla superficie del pezzo riportando alla luce l’argilla rossa sottostante, mettendo così in evidenza il disegno che risulterà in rilievo.

Il pezzo così inciso è cotto ad una temperatura superiore ai 900° C.: si ottiene allora un “biscotto” bianco e rosso, caratteristica esclusiva della ceramica mantovana.

Infine, il pezzo è immerso in “cristallina” (sospensione a base di silicio in acqua) che ha la funzione di vetrificare definitivamente l’oggetto, quindi si procede con la seconda cottura che supera i 900° C. per permettere la fusione della cristallina sull’oggetto.


Ceramica Artistica Mantovana

Via Campo del Perdono, 27 - Villa Pasquali [MN]

Telefono: 0375 220121

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